L’ultimo appello in ordine di tempo era giunto poco più di un mese fa. Era il 9 novembre e davanti all’Assemblea generale dei vescovi riunita ad Assisi il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ricordava l’urgenza di « svelenire il clima generale » e auspicava una « sorta di disarmo» della politica. Parole che trovano puntuale conferma anche nel comunicato con cui, domenica sera, subito dopo l’aggressione al premier, la Cei ha stigmatizzato l’ « episodio di singolare ed esecrabile gravità» . « Mentre esprimiamo sincera vicinanza al Presidente Berlusconi – si legge, infatti, nella nota – auspichiamo per il nostro Paese un clima culturale più sereno e rispettoso al fine di realizzare nella coesione sociale e nella responsabilità politica il bene di tutti e di ciascuno » . La voce della Conferenza episcopale italiana non è stata del resto l’unica a levarsi, nell’ambito del mondo cattolico, per condannare l’accaduto e invitare ad abbassare i toni del dibattito. Anche diverse associazioni, gruppi e movimenti ecclesiali si sono espresse in tal senso. E tutto ciò appare perfettamente in linea con i ripetuti appelli alla moderazione e al rispetto reciproco che i vertici della Chiesa italiana vanno ripetendo già da qualche anno. Anche sotto questo profilo, infatti, la successione tra i cardinali Angelo Bagnasco e Camillo Ruini, nel ruolo di presidente della Cei, è avvenuto in significativa continuità. E anche l’arcivescovo di Genova ha più volte esternato, nelle sue prolusioni, la preoccupazione dell’episcopato italiano per il progressivo innalzamento della conflittualità tra gli schieramenti politici. Solo per limitarsi all’ultimo anno, basta rileggere i discorsi con cui il porporato ha aperto il Consiglio permanente di settembre e la già ricordata assemblea generale di novembre. Nella prima occasione Bagnasco sottolineava: « Questa Italia ci appare ciclicamente attraversata da un malessere tanto tenace quanto misterioso, che non la fa essere talora una nazione serena e del tutto pacificata al proprio interno, perché attraversata da contrapposizioni radicali e da risentimenti » .
La «nostra patria, invece, chiede a tutti e a ciascuno un supplemento di amore » . Un amore « capace, nel discernimento sapiente, di inglobare pure le ragioni diverse dalle proprie, rinunciando innanzitutto alla polemica pur di raggiungere un consenso sulla verità più generale». Di qui l’invito a « tutti – singoli, gruppi, istituzioni – a guardare avanti, a far tesoro dell’esperienza con una capacità di autocritica che sia in grado di superare un clima di tensione diffusa e di contrapposizione permanente che fa solo male alla società. È urgente e necessario per tutti e per ciascuno guadagnare in serenità. Questo oggi il Paese domanda con più insistenza » . Neanche due mesi dopo il cardinale ritornava sulla questione con nuove e più pressanti argomentazioni. Notava innanzitutto che « si registra un’aria di sistematica e pregiudiziale contrapposizione, che talora induce a ipotizzare quasi degli atteggiamenti di odio » . E chiedeva « una decisa e radicale svolta tanto nelle parole quanto nei comportamenti » . « È necessario e urgente – aggiungeva – svelenire il clima generale, perché da una conflittualità sistematica, perseguita con ogni mezzo e a qualunque costo, si passi subito ad un confronto leale per il bene dei cittadini e del Paese intero. Davvero ci piacerebbe che, nel riconoscimento di una sana – per quanto vivace – dialettica, si arrivasse ad una sorta di disarmo rispetto alla prassi più bellicosa, che è anche la più inconcludente » .
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