Il punto di Marco Cobianchi(Da E-Polis)
Mettiamoci d'accordo.non si può tuonare contro l'invadenza dei politici nella gestione dei servizi pubblici e non volere l'ingresso dei privati. Non ci si può scandalizzare che le tubature idriche perdano il 30% 0 40 o 50%, nessuno lo sa dell'acqua che trasportano e chiedere contemporaneamente che i comuni abbiano i bilanci in ordine ma che investano anche nel miglioramento strutturale della rete. Non si può avere sial'uno che l'altro. Occorre fare una scelta. O si accetta l'andazzo attuale, fatto di sprechi al limite dell'immoralità,di cordate di politici di seconda scelta che gestiscono si fa per dire i beni dei comuni e delle regioni, o si decide che l'acqua è un bene che ha un valore perché è una risorsa scarsa e proprio per questo va gestita con competenza e professionalità. I comuni che sono in grado di esprimere questa professionalità possono continuare a farlo come è stabilito nel decreto votato due giorni fa tutti gli altri, invece, possono aprire ai privati per una quota minima del 40%. La critica a questa impostazione fa perno sulla retorica del bene pubblico che, quindi, deve essere di proprietà pubblica. Questa è ideologia. Un bene pubblico può essere gestito da privati in regime di concessione con risultati migliori di quelli che produce il pubblico. E sono i risultati ciò che conta, non la proprietà.
Piuttosto il decreto Ronchi presenta un difetto e si espone ad un rischio. Il difetto principale è quello di immaginare un mondo perfetto nel quale il pubblico il Comune e il privato che può essere anche una multinazionale vadano d'amore e d'accordo in una società che fornisce servizi ai cittadini. Questa convivenza sarà molto difficile. Sarebbe stato meglio prendere una decisione netta e obbligare la vendita del 100% delle società di gestione ai privati e parallelamente creare un sistema di controllo e regolamentazione(che è previsto che sia definito entro l'anno con poteri formidabili, in grado di spezzare le gambe alle società beccate a non rispettare i termini del servizio in quanto a prezzi, qualità e investimenti. Il rischio è quello che, appunto, il regolatore non abbia l'autorevolezza e i poteri occorrono entrambi per impedire che, soprattutto al Sud, le società di gestione non vengano inquinate da possibili infiltrazioni malavitose. Insomma: la vera sfida è nel campo di gioco della politica, non dell'economia.
Mettiamoci d'accordo.non si può tuonare contro l'invadenza dei politici nella gestione dei servizi pubblici e non volere l'ingresso dei privati. Non ci si può scandalizzare che le tubature idriche perdano il 30% 0 40 o 50%, nessuno lo sa dell'acqua che trasportano e chiedere contemporaneamente che i comuni abbiano i bilanci in ordine ma che investano anche nel miglioramento strutturale della rete. Non si può avere sial'uno che l'altro. Occorre fare una scelta. O si accetta l'andazzo attuale, fatto di sprechi al limite dell'immoralità,di cordate di politici di seconda scelta che gestiscono si fa per dire i beni dei comuni e delle regioni, o si decide che l'acqua è un bene che ha un valore perché è una risorsa scarsa e proprio per questo va gestita con competenza e professionalità. I comuni che sono in grado di esprimere questa professionalità possono continuare a farlo come è stabilito nel decreto votato due giorni fa tutti gli altri, invece, possono aprire ai privati per una quota minima del 40%. La critica a questa impostazione fa perno sulla retorica del bene pubblico che, quindi, deve essere di proprietà pubblica. Questa è ideologia. Un bene pubblico può essere gestito da privati in regime di concessione con risultati migliori di quelli che produce il pubblico. E sono i risultati ciò che conta, non la proprietà.
Piuttosto il decreto Ronchi presenta un difetto e si espone ad un rischio. Il difetto principale è quello di immaginare un mondo perfetto nel quale il pubblico il Comune e il privato che può essere anche una multinazionale vadano d'amore e d'accordo in una società che fornisce servizi ai cittadini. Questa convivenza sarà molto difficile. Sarebbe stato meglio prendere una decisione netta e obbligare la vendita del 100% delle società di gestione ai privati e parallelamente creare un sistema di controllo e regolamentazione(che è previsto che sia definito entro l'anno con poteri formidabili, in grado di spezzare le gambe alle società beccate a non rispettare i termini del servizio in quanto a prezzi, qualità e investimenti. Il rischio è quello che, appunto, il regolatore non abbia l'autorevolezza e i poteri occorrono entrambi per impedire che, soprattutto al Sud, le società di gestione non vengano inquinate da possibili infiltrazioni malavitose. Insomma: la vera sfida è nel campo di gioco della politica, non dell'economia.
Commento della redazione
A fronte di queste realistiche e argomentazioni il Governatore Vendola ha commentato il provvedimento del Governo sull'acqua con delle farneticazioni poetiche "
«Approvare un decreto sulla privatizzazione dell'acqua attraverso il voto di fiducia è una vergogna istituzionale e un crimine contro l'umanità. Spacciare per concorrenza di mercato quello che è un vero e proprio furto del diritto alla vita è un'ignominia assolutamente inaccettabile»
Un cittadino anonimo gli ha risposto:" Ma và a cagare,che di stronzate ne hai detto fin troppe"