4 aprile 2011

LETTERA APERTA DI VITO VASILE IMPRENDITORE PALESINO


La coinvolgente lettura delle oltre trecento pagine de La Giustizia e i suoi nemici, l'ultimo saggio di Vito Marino Caferra, presidente della Corte d'Appello di Bari, mi ha fatto rivivere il film della mia allucinante esperienza con la Giustizia negli ultimi quattro anni. Per la cronaca, io sono - insieme ad altre 400 famiglie baresi - l'oggetto senza colpa ostaggio del gruppo di magistrati inquirenti protagonisti del noto caso "Lama Balice" di Bari. Sono stato - in parte lo sono ancora - la vittima di "una diffusa visione giustizialista che tende ad esasperare il conflitto nel processo (e intorno al processo) con l'obiettivo di risolvere per via giudiziaria problemi di natura politica", come scrive Caferra.
"Le condotte di singoli magistrati che si manifestano sulla scena pubblica con le finalità proprie dell'attività politica, ricercando il consenso sociale ed interagendo con i media" ( Caferra continua ad aiutarmi con il suo testo) hanno distrutto lentamente e subdolamente per oltre quattro anni la mia "normale" quotidianità. Oggi, quando quasi tutto sembra alle spalle, il mio corpo rimane segnato duramente, nella sua fisicità e nella sua interiorità, da questo inaudito "espansionismo giudiziario".
Il successivo sviluppo delle vicende giudiziarie che mi riguardano ha acclarato quanto "la via dei media costituisce per un pm il percorso naturale per acquisire visibilità e consenso". Per il mio pool di riferimento: uno dei protagonisti occupa oggi l'importante scranno del CSM, un'altra stringe al braccio un consorte senatore (anch'egli pm), un altro ancora esercita politica attiva nell'ambito della Regione Puglia. Io (imprenditore colpevole solo di aver creduto in un progetto "normale") e altre 400 famiglie baresi (responsabili solo di aver creduto nei duri sacrifici per acquistare la casa dove abitare), invece, restiamo a contabilizzare con amarezza gli ingenti danni - materiali, morali e biologici - causati da una "Giustizia" ignara degli elementari principi del diritto positivo, che sanciscono l'illiceità di qualsiasi azione a danno di chi non ha commesso alcun reato.
Non posso non convenire con l'esimio "magistrato" Caferra quando scrive che oggi la Magistratura "fa registrare la tendenza a svolgere ruoli impropri mediante il processo-inchiesta: oggetto della responsabilità non sono più i singoli reati e le responsabilità individuali, ma i grandi fenomeni sociali".
Questa amara verità, tuttavia, sortisce il doloroso effetto di incidere in profondità nella pelle di tantissimi cittadini italiani, perché l'ingiustizia si può anche sopportare, ma essere colpiti dalla Giustizia brucia.
Palese,2 Aprile 2011

Firmato Vito Vasile