15 aprile 2008

dal Giornale "AVVENIRE"

( Clicca sull'immagine per ingrandire )

VERDETTI CHIARI CHE SI APRA UNA STAGIONE NUOVA

Hanno vinto Silvio Berlusconi e il suo Popolo della libertà alleato con la Lega, conquistan­do il primato elettorale e, a quanto pare, nu­meri sufficienti a controllare politicamente sia la Camera sia il Senato. Hanno, invece, per­so i divisi eredi del Governo Prodi. È sconfitto Walter Veltroni, candidato pre­mier del Partito democratico, che pure ha sa­puto tenere bene in piedi il «partito nuovo» che si è impegnato a modellare a sua propria immagine. L’obiettivo veltroniano di dare corpo a uno dei perni di un rinnovato siste­ma bipolare appare così centrato, il Pd ha però mancato non solo l’annunciata «gran­de rimonta», il raggiungimento di quella soglia del 35% che il leader aveva in­dicato ai suoi come premio di consolazione e taglia-polemiche. Decisamente più sconfitto è Fausto Berti­notti. Il leader della Sinistra arcobaleno e pre­sidente 'uscente' della Camera ha subìto, al­la testa dell’ex area di «lotta e di governo» del­l’Unione, una disfatta di proporzioni impre­viste e oggettivamente paragonabile agli ef­fetti di un terremoto: le liste unitarie di Prc, Pdci, Sd e Verdi non produrranno stavolta neanche un eletto. Un dato che non può es­sere spiegato solo con la pur poderosa pola­rizzazione del voto degli italiani. E che indu­ce nuovamente a riflettere a proposito del­l’eccesso di ruolo e del potente condiziona­mento esercitato da quest’area sulle scelte (e sulle non scelte) politiche e programmatiche del vecchio centrosinistra. Tra i vincitori, c’è poi – come accennato – un posto di rilievo per la Lega Nord, alleata stra­tegica ed esigente del Pdl. E – almeno un po’ – per l’Italia dei valori, schierata (con pro­messa di fusione) a fianco del Pd. I lusinghieri risultati ottenuti dalle liste che s’identificano in Umberto Bossi e in Antonio Di Pietro con­fermano che non è certo per caso che gli u­nici due partiti di qualche rilievo ammessi alla coalizione con i 'giganti' Pdl e Pd siano stati proprio quelli che si sono dimostrati ef­fettivamente capaci – per storia e profilo – di intercettare i sentimenti di protesta presen­ti in una fetta niente affatto trascurabile del­l’elettorato italiano. Si è, infine, battuta con onore l’Unione di cen­tro. La formazione guidata da Pier Ferdinan­do Casini non sarà «determinante» come a­veva sperato di poter essere e perciò dovrà saper incarnare, come ha promesso anche ieri, un ruolo inedito per la politica italiana, quello di «un’opposizione costruttiva». Tut­tavia a Casini e ai suoi alleati della 'Rosa per l’Italia' – nella battaglia per la sopravvivenza di una certa idea del riformismo e della mo­derazione – è riuscito quello che a risultati or­mai delineati appare un piccolo grande mi­racolo: ottenere percentuali di consenso di tutto rispetto, che portano l’Udc a essere l’u­nica formazione 'autonoma' in grado di con­quistare seggi in un Parlamento monopoliz­zato dai due schieramenti maggiori. È in questo scenario nuovo che Berlusconi si appresta a tornare a Palazzo Chigi. Il Cava­liere, sull’onda di una vittoria ottenuta alla sua maniera e alle sue condizioni, ottiene per la terza volta un mandato a guidare il gover­no, ma stavolta si avvia con una dichiarata consapevolezza delle difficoltà della missio­ne di accompagnare l’Italia fuori dalle secche in cui è finita. Un compito che dovrà saper affrontare assumendo le responsabilità che ha richiesto per sé e i suoi, e condividendo­ne alcune altre, in particolare sul piano del­le riforme istituzionali. Il fair play di Veltroni, che ha rapidamente ri­conosciuto la vittoria dell’avversario, e quello di Casini sembrano annunciare, insieme al­l’evocazione da parte di Berlusconi delle inte­se stabilite nell’ultima Bicamerale per le rifor­me, una stagione diversa e nuova rispetto al­la troppo lunga fase della lotta permanente tra maggioranze d’assalto e opposizioni a pre­scindere. Se sarà così, sarà un bene per tutti.